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Premio Lissone 1946-1967

La collezione

 
MAC Museo d'Arte Contemporanea Lissone - Premio Lissone 1946-1967 -La collezione

22 luglio - 10 settembre 2023 | PROROGATA AL 24 SETTEMBRE

A cura di Francesca Guerisoli

MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone
Sala Gino Meloni

INGRESSO LIBERO

 
 

Il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone espone nella Sala Gino Meloni l'intera collezione dello Storico Premio Lissone, composta dai lavori che dal 1946 al 1967 entrarono a far parte delle collezioni comunali attraverso il prestigioso premio di pittura. Si tratta delle opere che vinsero il Gran Premio per la Pittura, il Secondo Premio, il Premio Acquisto e le donazioni di artisti che parteciparono al contest. La collezione al completo –  corredata da apparati critici e descrittivi che ne consentono una lettura approfondita – sarà visibile in due periodi, dall'11 marzo all'8 aprile e dal 17 giugno al 10 settembre 2023.

La storia del Premio, tra i primi sorti in Italia, colloca Lissone tra i poli della valorizzazione dall'arte contemporanea di allora. L'idea del Premio si deve alla Famiglia Artistica Lissonese, formata da pittori e artisti locali, che nasce dalla necessità di aprire un dibattito culturale sullo stato dell'arte coinvolgendo imprenditori del luogo e personalità critiche di rilievo nazionale. Il rigore utilizzato nella composizione della giuria (vi prendono parte, tra gli altri, Raffaele De Grada, Marco Valsecchi, Giulio Carlo Argan e Giuseppe Marchiori), fornisce i presupposti per la realizzazione di un evento culturale di spessore. Se nel 1947 la partecipazione è riservata ai pittori italiani, nel 1952 diviene internazionale e sono esposti anche lavori fuori concorso di artisti affermati. Il Comune di Lissone decide di acquisire le opere vincitrici, l'entità del primo premio aumenta e si moltiplicano i riconoscimenti da parte di privati. La notorietà del Premio è tale che si arriva ad accostarlo, per importanza e prestigio, alla Biennale di Venezia. L'esperienza ha termine nel 1967, al sopraggiungere degli anni della contestazione e all'allentarsi delle tensioni e delle finalità che tanto peso avevano avuto all'inizio.

La prima opera entrata in collezione è Immagine (1951) di Ennio Morlotti; la seconda è Composizione (1952) di Mauro Reggiani. Nella loro diversità, ben sintetizzano la temperie nazionale sviluppatasi a partire dal dopoguerra tra lo schieramento astrattista e quello neocubista, post picassiano. Le altre opere degli anni Cinquanta esemplificano le diverse inflessioni che l'Informale assume nella poetica e nella tecnica di artisti italiani e stranieri. Il vincitore del Premio Lissone 1953 è Theodor Werner, fautore della rinascita in Germania di un astrattismo di gusto informale. Il suo quadro Contrasti è giocato sulla contrapposizione di colori puri e assenza di colore, segni negativi e positivi, materia pittorica e materiale portante. Renato Birolli, impegnato politicamente, esponente attivo di "Corrente", vicino a Guttuso e Cassinari, vince nella successiva edizione con Ondulazione marina. La tela esposta riflette il gusto per un astrattismo di stampo naturalistico.

I lavori di Antoni Tàpies (Terre sur marron foncé, 1957) e Luis Feito López (N. 128, 1959, Premio Lissone 1959) indicano la strada praticata dall'Informale spagnolo, nell'impiego di una materia pittorica stratificata e raggrumata, organizzata entro una struttura morfologica solo apparentemente casuale. Il segno tormentato di Emilio Scanavino – presente in collezione con Ecce Homo e Frammenti – si deposita all'interno di fondali monocromi lasciando intuire una costante dicotomica tra caos e ordine, ragione e sogno, caratteristica che gli storici tendono a collegare al suo interesse per l'esistenzialismo di Francis Bacon, Graham Vivian Sutherland e Sebastian Matta.

L'Informale assume una fisionomia ben riconoscibile nelle tele di Achille Perilli, Emilio Vedova e Piero Dorazio. Se la tela di Perilli (1959) documenta lo studio dei rapporti tra scrittura e pittura, Immagine del t empo di Vedova rievoca e denuncia, in uno stile personalissimo, la realtà e le contraddizioni del proprio tempo. Su altri binari si muove Dorazio, interessato al dato fenomenico nei suoi soli rapporti cromatici e luminosi e coerente autore di Teodora (1959) e del più tardo Tenax (1964). La trattazione dell'Informale europeo si completa con il gruppo internazionale Cobra, qui rappresentato da Composizione del 1956 di Karel Appel, fortemente aggressiva nell'applicazione rudimentale di colori acidi e assordanti, e guidata da una violenza gestuale che si esprime nella stratificazione di blocchi materici e nella definizione di forme curvilinee, inquietanti nella loro vaga antropomorfia. Espressionista ma in diversa misura è anche André Marfaing, autore di una tela del 1960 interamente giocata sulla rispondenza di bianchi e neri nelle loro diverse gradazioni. L'artista francese, dopo aver assimilato la lezione di Antoni Tàpies e degli altri esponenti di Art autre, a partire dagli anni Sessanta si sarebbe dedicato alla incisione e al disegno a inchiostro acquerellato e allo studio sistematico della produzione di Goya.

Il secondo decennio della storia del Premio è rappresentato da una produzione stilisticamente più variegata, che registra nella sua sintesi gli umori e le sensibilità degli artisti europei, di nuovo interessati alla figurazione, alle tematiche surrealiste dell'inconscio ma anche alle nuove tecnologie e ai mass media. Serrato si fa il rapporto e il confronto con i colleghi americani (New Dada e Pop Art), ma l'intellettuale europeo, lungi dall'elaborare un linguaggio più popolare e riconoscibile, ribadisce la propria autonomia espressiva e anzi rivendica piena autonomia all'atto estetico. L'artista si rapporta a una realtà che non è possibile ignorare, ma è comunque reinterpretabile e si può possedere secondo schemi individuali ed arbitrari. Francois Dufrêne con i suoi décollages applica proprio questo principio (e con lui, in diverso modo, gli altri esponenti del Nouveau Réalisme, Jean Tinguely e Yves Klein): recupera degli oggetti – in questo caso manifesti lacerati – reinvestendoli di una funzione e di un'identità completamente nuove rispetto a quelle iniziali.

In diverso modo anche Peter Klasen si riappropria di temi e motivi della comunicazione moderna di massa per stravolgerne e metterne in ridicolo il senso attraverso un semplice cambio di prospettiva. Valerio Adami e Mario Schifano analizzano il problema con un'ironia sottile che mette in imbarazzo. Adami si rifà alla tecnica del fumetto e sceglie come soggetti gli elementi del quotidiano più banali e meno piacevoli: toilette, casermoni edilizi, ecc. L'equivocità delle forme genera percezioni ambivalenti che disarmano e domandano e annullano la risposta.

L'opera di Mario Schifano va analizzata alla luce di quella che sarà la sua produzione successiva, dedicata alla analisi del messaggio pubblicitario e ai rapporti tra pittura e media popolari. Infine, il raffinatissimo quadro di Sergio Romiti dove il tradizionale tonalismo – di marca morandiana – giocato tutto sul bianco e nero, ben si integra con la definizione di effetti dinamici e propulsivi derivanti dallo studio della tecnica fotografica.

 
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info

MAC - Museo d'Arte Contemporanea
Viale Elisa Ancona 6, Lissone - MB
+39 039 2145174 - 7397202
museo@comune.lissone.mb.it

orari

mercoledì e venerdì 10.00-13.00 I giovedì 16.00-19.00
sabato e domenica 10.00-12.00 /15.00-19.00

 
 

 
Ultima Modifica: 10/12/2024